101 cose da fare a Milano almeno una volta nella vita by Micol Arianna Beltramini

101 cose da fare a Milano almeno una volta nella vita by Micol Arianna Beltramini

autore:Micol Arianna Beltramini
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2014-06-23T16:00:00+00:00


54.

AUSCULTARE I TRE CUORI DELLA STAZIONE CENTRALE

Tutte le stazioni sono posti strani. Di frontiera, con gente che parte, gente che arriva, gente che ci si perde dentro e gente che, come in un film, finisce col non uscirne mai. Come in qualunque altro posto, solo che qui è la regola. La Stazione Centrale di Milano, o semplicemente “Centrale” come la chiamano qui, è la seconda stazione più trafficata d’Italia. Dopo Termini, ovviamente. L’esperienza di scendere da un treno in Centrale, rispetto a Termini, è molto diversa. Intanto perché a Roma si sono mossi prima, e Termini è ormai diventata un immenso megastore. Accogliente. Basta ricordarsi di non uscire subito su via Giolitti, e non ci si può proprio lamentare. La Centrale sta cambiando proprio in questi mesi, ma fino a poco tempo fa era sorprendente quanto poco avesse da offrire a chi vi transitava. Un minimarket polveroso; quattro baretti senza un posto a sedere; una farmacia; un curioso museo delle cere, molto orientato sulla storia, senza un personaggio da gossip (parecchio inquietante, a mio avviso). Così uno scendeva dal treno, e invece di correre a comprare qualcosa si guardava intorno. Vedeva un’atmosfera fumosa, da Parigi, da Vienna; una galleria bellissima, in ferro e vetro, spesso e volentieri invasa dalla nebbia; un orologio enorme, a scandire minuti preziosi; tabelloni di quelli vecchi, con tessere girevoli nere e bianche, che non c’è volta che li azzecchino tutti, i nomi delle città e gli orari. Il cappuccino, se lo volevi prendere, lo prendevi in piedi. Poi anda

vi dritto verso le scale mobili, guardandoti intorno, guardando soprattutto in alto. I soffitti di questo gigantesco blocco di pietra, di questo monumento al monumentale, danno un senso di vertigine che è difficile provare altrove, una sorta di paura dell’altezza al contrario, come quella che può prenderti a New York passando sotto i grattacieli, solo molto più in piccolo e molto più in stile europeo. Si scende, si attraversano le biglietterie, e la si va a vedere dal davanti. Toglie il fiato, non c’è dubbio. Enorme nel mezzo di una piazza enorme, con statue di cavalli e leoni molto più grandi di quanto uno potrebbe sognarsi, enorme da farti pensare alle Piramidi, alle Sfingi, all’Egitto. E ovviamente piena di fasci littori. Non c’è modo di venirne a capo, l’architettura della Stazione Centrale è puro delirio fascista, tanto che molti la trovano imbarazzante, quasi inguardabile. Eppure, prescindendo dall’orientamento politico, io la trovo bella. Come certe facce dal naso aquilino, sopracciglia foltissime, mascella squadrata. Imponente, un po’ spaventosa. Ma bella. Bella che si è fatta aspettare, ché dalla prima pietra posta, nientemeno che dal re, ci sono voluti decenni solo per decidere quale progetto seguire. Bella che a guardarla nelle foto d’epoca, dalla posa delle arcate in ferro che ne formano l’ossatura alle fontane in facciata, quasi ti commuo

vi. E poi, le ali. Una, la sinistra, dà su via Ferrante Aporti, quella della canzone. Deserta, con cancelli arrugginiti che pare che nessuno abbia aperto da anni, nei cui magazzini



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.